Da: Prova con una storia
Fabbri Editore, Milano, 2005.
Il potere del racconto
Per secoli, anzi millenni, gli adulti hanno raccontato ai bambini delle storie per intrattenerli, divertirli ma anche per trasmettere loro dei messaggi che potessero aiutarli a crescere e a capire il mondo. E i bambini hanno sempre accolto queste storie con interesse, specialmente quando rispondevano alle loro curiosità, al bisogno di trovare dei modelli da imitare, all’esigenza di vivere delle avventure attraverso il gioco dell’immaginazione e delle parole.
Le storie che da tempi immemorabili si raccontano ai bambini, li accostano agli aspetti piacevoli della vita ma anche a quelli duri e lo fanno in modo da non traumatizzarli. I bambini hanno bisogno che qualcuno dica loro come affrontare i pericoli, come reagire alle minacce, come ritrovare l’ordine quando c’è il caos. Hanno anche bisogno di sapere come ci si comporta di fronte ai torti e alle ingiustizie.
Come nella vita anche nelle storie c’è un principio attivo. Il loro pregio consiste nell’inviare dei messaggi espliciti e dei messaggi impliciti e raggiungere così sia l’intelligenza che il cuore. Alcuni messaggi parlano alla ragione, altri ai sentimenti. Alcuni fanno appello alla consapevolezza, altri all’inconscio.
Per questa doppia struttura, una superficiale e una profonda, una visibile e l’altra invisibile, una reale e l’altra metaforica, le storie che si raccontano ai bambini possono essere “lette” in maniera diversa da ascoltatori di età diverse. Oppure della stessa età ma con esperienze differenti. L’ ascoltatore assorbe ciò che gli serve in un determinato momento e lascia cadere ciò di cui non ha bisogno o per cui non è ancora pronto.
L’elemento forte delle storie è la metafora, ossia quella forma figurata d’espressione che esprime una realtà sotto l’apparenza immaginata di un’altra. La metafora cattura l’attenzione e stimola l’immaginazione. Prendiamo Cappuccetto Rosso. Ad un primo livello racconta che c’è un lupo cattivo che fa del male ai bambini incauti. Ad un livello “nascosto” allude ad una violenza sessuale (il letto della nonna-lupo). Parlare di violenza sessuale a bambini di quattro, cinque o sei anni non è facile, si rischia di renderli diffidenti nei confronti di tutti gli adulti. E’ importante però metterli in guardia dagli uomini-lupo.
La maggior parte dei bambini di età prescolare comprendono, quando si racconta la storia di Cappuccetto Rosso, che dietro alla maschera del lupo può nascondersi un essere umano e che è bene evitare di dare confidenza agli sconosciuti. Comprendono anche che bisogna prestare attenzione a ciò che di insolito possiamo notare nelle persone, familiari e non, come, in questo caso, il tono di voce della nonna, le orecchie pelose, la bocca dai denti aguzzi e così via.
Ascoltando e riascoltando Cappuccetto Rosso, i piccoli ascoltatori assimilano il messaggio che non ci si può fidare di tutti gli adulti indiscriminatamente. Chi invia questo messaggio è proprio un adulto, che però, ricorrendo alla metafora, cerca di salvare l’immagine dell’adulto protettore e benevolo e di non creare una diffidenza eccessiva nei confronti di qualsiasi adulto.
Insomma, la favola di Cappuccetto traghetta il bambino dalla convinzione ingenua “mi fido di tutti” alla visione più matura “non tutti gli adulti sono affidabili”.
Matrigne e streghe sono altre creature delle favole che consentono di esplorare la complessità dei rapporti affettivi. Dietro a questi personaggi può nascondersi la mamma (così come dietro all’orco può nascondersi il papà, oppure il patrigno o il nonno); quella figura protettrice che in alcuni momenti è buona, amorevole, attenta e in altri è invece imprevedibile, nervosa, “cattiva”. Tutti i bambini provano prima o poi dei sentimenti ambivalenti nei confronti della mamma, il loro primo “oggetto di attaccamento”: le vogliono un gran bene ma la temono (la strega di Biancaneve) e qualche volta la “odiano”.
Ci sono mamme che puniscono, che si arrabbiano, che lasciano i figli soli in casa. E ci sono anche mamme che sembrano prediligere un fratello o una sorella (la matrigna di Cenerentola). I bambini non amano però che si dica chiaro e tondo che la loro mamma può sbagliare, essere ingiusta o cattiva. La mamma è buona per definizione. Al tempo stesso però sono molto interessati alle storie delle matrigne e delle streghe, che mostrano i lati oscuri della figura materna. Attraverso la metafora possono esplorare i propri sentimenti nei confronti della figura materna, senza esserne consapevoli e senza dover sentirsi in colpa per i “cattivi pensieri”.