di Anna Oliverio Ferraris
(da Psicologia Contemporanea, n. 167, 2001)
Un grosso riassestamento è necessario quando i genitori si separano o divorziano. Nei figli si verifica quasi sempre una sorta di terremoto emotivo che non è possibile assorbire all’istante e che richiede del tempo per essere elaborato, oltre che alcune attenzioni da parte degli adulti. I figli possono già avere sentito parlare di separazioni e divorzi, ma tutto cambia quando la cosa li tocca direttamente e cominciano a sperimentare la relazione con “un genitore per volta”. Che fare, in concreto, per loro?
La famiglia è una istituzione misteriosa se si considera che è sempre esistita in tutte le società umane del presente e del passato, ma che può avere strutture molto diverse. Se prendiamo, per fare un esempio, la famiglia “multipla” contadina della pianura padana della prima metà del Novecento (quando più coppie di sposi e la loro numerosa figliolanza vivevano sullo stesso podere e in un unico caseggiato) vediamo che essa era molto diversa dalle famiglie cittadine nucleari o seminucleari di oggi, composte da due o un solo genitore e un numero assai ridotto di figli. Analoga differenza esiste tra queste ultime e le famiglie del post-divorzio, composte da due seminuclei che si uniscono. In altre culture può accadere che il capofamiglia sia il fratello della madre, lo zio materno, oppure la nonna.
Insomma, la famiglia può assumere connotazioni molto diverse in quanto tende ad adattarsi alle condizioni di vita, alle esigenze di lavoro e di sopravvivenza degli individui e delle comunità. I bambini, dal canto loro, sono inclini ad accettare ciò che trovano: per loro va bene la famiglia in cui nascono, purché abbia alcune prerogative irrinunciabili. In famiglia, loro, devono poter trovare ciò di cui hanno bisogno e cioè: affetto, rispetto dei tempi di sviluppo e di loro stessi come individui, disponibilità e responsabilità degli adulti, stabilità, sostegno nella crescita, autenticità nei rapporti. A traumatizzarli sono i cambiamenti improvvisi, le perdite delle figure di attaccamento, le liti ripetute e croniche, l’indifferenza, il caos educativo, l’assenza di linee di condotta, la solitudine, l’abbandono.
Un grosso riassestamento è necessario quando i genitori si separano o divorziano. Nei figli si verifica quasi sempre una sorta di terremoto emotivo che non può essere assorbito all’istante e che richiede del tempo per essere “elaborato” e alcune attenzioni da parte degli adulti. Essi infatti hanno già sentito parlare di separazioni e divorzi, ma tutto cambia quando la cosa li tocca direttamente.
Dire la separazione
Sono pochi i figli che
desiderano la separazione dei genitori; ciò accade soltanto quando le violenze
e i litigi sono continui o eclatanti e loro sono abbastanza grandi da capire
che non c’è altra via d’uscita. In casi del genere possono essere loro stessi a
suggerire ai genitori di separarsi. In tutti gli altri casi i figli subiscono
la scelta dei grandi, l’assenza del genitore lontano, e se le ostilità
continuano (se sono strumentalizzati come portatori di messaggi sgradevoli,
istigati contro l’uno o l’altro genitore) possono soffrire, vivere sensi di
ansia, di colpa, di vergogna, fare tentativi per rimettere insieme papà e
mamma, cercare di proteggerli, di risolvere i loro problemi… tutto ciò a spese
della spensieratezza, dei giochi, dello studio.
Nei bambini c’è la
paura latente di poter essere abbandonati e il divorzio rende reale e tangibile
questa paura. L'intensità dell’emozione varia però in rapporto alle azioni e
reazioni dei grandi. E' massima quando vi è una forte conflittualità e i
genitori non comunicano ai figli la loro decisione, non li rassicurano sul
fatto che continueranno a vederli, mostrano di non avere il controllo della
situazione. Uno dei compiti delle coppie che si separano è perciò quello di
spiegare ciò che sta avvenendo. Un altro è quello di non coinvolgere i figli nelle
loro dinamiche sentimentali, di non strumentalizzarli per “vincere” sull’ex
partner attraverso di loro.
I figli devono poter
assorbire questo cambiamento esistenziale (che loro non hanno ricercato) senza
grossi traumi e per questo servono parole chiare e rassicuranti. Hanno bisogno
di ritrovare al più presto la tranquillità e per questo serve anche saper
tacere su particolari che possono turbarli o mettere in cattiva luce un papà o
una mamma cui sono affezionati, in cui si identificano o di cui hanno bisogno
per essere rassicurati sulla loro identità di maschio o di femmina. I figli che
diventano i confidenti dei genitori devono reggere un carico troppo pesante per
le loro spalle.
Un primo passo consiste, dunque, nel comunicare che
i genitori si separano. Il genitore che se ne va urlando e sbattendo la
porta può creare un vero e proprio
trauma; il figlio si sente abbandonato, impotente e non di rado colpevole.
Anche il padre che scompare per lungo periodo adducendo un viaggio, un impegno
di lavoro, può generare angosce e tormenti. Un bambino può pensare che non lo
rivedrà mai più, che sia morto.
Nel comunicare la notizia bisogna essere chiari ma
non dilungarsi: generalmente i bambini sono troppo scossi per poter sentire
altre spiegazioni. Si tornerà sull’argomento in seguito, rispondendo alle loro
domande e chiarendo che loro non hanno alcuna colpa per quanto è accaduto.
E’ preferibile, se possibile, che la notizia venga
data da entrambi i genitori insieme. Questo elimina la possibilità che il bambino
pensi “forse papà non desidera separarsi veramente” o “posso cercare di
convincere mamma a cambiare idea”. Se questo non è possibile, bisogna spiegare
chiaramente che si tratta di una decisione presa di comune accordo: “mamma e io
abbiamo deciso…”.
Le spiegazioni che i bambini si danno dei fatti che
succedono rispecchiano ciò che diciamo loro oltre che la loro conoscenza del
mondo e i loro bisogni emotivi. Un bambino di 4, 5, 8 anni a cui non sia stata
data la notizia della separazione o sia stata detta una bugia o una mezza
verità, può pensare che papà se n’è andato perché lui non vale nulla, e
questa considerazione può essere all’origine di autosvalutazione e
risentimenti. E’ il caso di Sonia, una bambina vivace di 4 anni e mezzo, che
non vede suo padre da circa tre mesi, né ha avuto sue notizie. Le è stato detto
che papà è partito per un lungo viaggio. Da qualche tempo, Sonia, ha
incominciato a parlare a un papà immaginario e spesso dice che il suo vero papà
è il nonno. Quando alla fine papà la chiama al telefono, lei rifiuta di
parlargli, lascia cadere la cornetta e scappa via dicendo “brutto… brutto…”. Il fatto si ripete più volte. In seguito, però,
chiederà alla baby-sitter l’indirizzo di papà per inviargli una cartolina.
Prendere l’iniziativa di rifiutare o accettare il contatto col genitore che
l’ha “abbandonata”, dà l’impressione a Sara di riacquistare il controllo sulle
scomparse e i ritorni di papà.
E’ meglio annunciare la decisione prima che sia
messa in pratica. Se ne parla senza perdere la calma, senza accusare, senza
fornire dettagli inutili o angoscianti e consentendo ai figli di porre domande,
di esprimere il loro dispiacere e i loro timori. Si spiega che è una questione
loro, che i figli non hanno né colpe né responsabilità, che l’amore di papà e
mamma resta immutato, che il genitore che si allontana da casa si terrà in
contatto e li vedrà spesso, che continuerà ad occuparsi di loro. I figli devono
avere la sensazione che la situazione, sia pure spiacevole, è sotto controllo.
Fin dall’inizio
i genitori deve sforzarsi di tenere separati i propri sentimenti da quelli dei
figli. A parte casi particolari (l’altro è violento, malato di mente,
alcolista, criminale, ecc.) non si
chiede di schierarsi con l’uno o con l’altro, né li si manipola sfruttandone
l’ingenuità. Non si mettono loro in bocca giudizi o accuse. Non li si istiga
contro l’ex in modi più o meno subdoli. Bisogna resistere alla tentazione di
usarli come messaggeri o “spie”: poiché si fidano di noi essi rischiano di
diventare il nostro capro espiatorio. Assimilando il messaggio al messaggero,
possono arrivare a dubitare delle proprie percezioni, confondersi e alla fine
convincersi di essere loro la causa di problemi di cui non hanno alcuna
responsabilità. E man mano impareranno ad usare quelle stesse strategie di
manipolazione che sono state usate con loro…
Parole per crescere
Se, travolti
dal risentimento e dalla collera nei confronti dell’ex, non si riesce a pensare
anche ai figli, meglio appoggiarsi a qualcuno capace di tranquillizzare i
bambini, di spiegare che stanno passando un periodo difficile, ma che col tempo
le cose cambiano e migliorano. Molta della nostra comunicazione passa
attraverso il linguaggio del corpo, i ritmi e le abitudini, bisogna cercare
perciò, soprattutto con i più piccoli, di alterare il meno possibile le loro routine (orari dei pasti, del sonno, dei giochi all’aperto, del
bagno, ecc.) che, in momenti di turbolenza, rappresentano dei punti di
riferimento sicuri, garantiscono stabilità, continuità. Mauro, 7 anni, ha una
notevole proprietà di linguaggio. Parlando ad una amica di famiglia esprime con
queste parole il senso di precarietà che sta vivendo: “mamma
non è quasi mai a casa la sera”, “nessuno mangia più alla
stessa ora”, “i miei genitori non fanno più
nessuna attenzione a me, non mi ascoltano nemmeno”, “dobbiamo fare economia perché papà non ci dà i
soldi… secondo te diventeremo molto poveri?”.
Mauro è
preoccupato perché ha la sensazione che i suoi genitori abbiano perduto il
controllo di loro stessi e dei figli, non rinuncia però a parlare, alla ricerca
di spiegazioni che possano rimettere ordine nella sua vita e ridargli fiducia.
I bambini separati hanno bisogno della parola più degli altri. Se in una
famiglia unita, dove c’è un’intesa di massima, tante cose possono essere
taciute e una semplice occhiata è sufficiente per intendersi, quando ci sono
dei problemi, parlare diventa indispensabile, sia per poter affrontare tutte le
questioni pratiche connesse al cambiamento, che per consentire ai sentimenti di
emergere. Non si può far finta che nulla sia accaduto, che tutto sia com’era
prima. Ecco alcune domande tipo e relative risposte.
D. Papà se
ne è andato perché non mi vuole bene? (5-10 anni)
R. No,
assolutamente. Non pensare mai una cosa del genere. Mamma e papà non erano più
felici insieme, litigavano spesso così hanno deciso di separarsi. Litigare
sempre è brutto. Papà continua a volerti bene come prima e se è possibile anche
più di prima.
D. Nessun
altro in classe ha i genitori separati… (6-12 anni)
R. E’ un caso.
In altre classi ci sono altri bambini i cui genitori sono separati. Non ti devi
sentire a disagio. A volte quando ci sentiamo diversi dagli altri per qualcosa
ci vergogniamo, ma è sbagliato. Sarebbe come se, in Africa, un bambino bianco
dovesse vergognarsi perché tutti gli altri hanno la pelle nera. Anche se sei
l’unico, in classe, ad avere dei genitori separati, la tua non è una condizione
eccezionale o strana; non c’è un solo tipo di famiglia, ci sono famiglie con
due genitori, famiglie con un solo genitore, famiglie in cui sono anche i
nonni, famiglie senza figli, con un solo figlio, con molti figli e ci sono
anche famiglie in cui c’è un patrigno o una matrigna. Come vedi le famiglie
sono diverse una dall’altra.
D. Papà se
ne è andato… te ne andrai anche tu?… (6 anni)
R. Ma che ti
viene in mente! Io voglio stare con te,
voglio restare in questa casa vicino a voi due che siete i miei figli. Papà se
ne è andato soltanto perché io e lui non andavamo d’accordo. Lo sai che lui vi
vuole bene…
D. Di notte,
quando mi sveglio e penso che papà non dorme più qui ho paura… (7 anni)
R. E’ normale
che questo succeda, ogni cambiamento porta con sé qualche problema. Ma nella
vita bisogna saper affrontare i cambiamenti e vincere le paure. Non è detto che
tu ci riesca subito, ma col tempo ci riuscirai. Se qualche notte hai paura,
svegliami senza problemi, parleremo un po’ insieme.
Alcuni bambini
hanno fantasie di riunificazione che li portano a fare dei tentativi per
rimettere insieme i genitori, per convincerli a riconciliarsi. A volte, più o
meno inconsciamente, possono anche creare le condizioni per un incontro:
combinando qualche guaio, andando male a scuola, rifiutandosi di tornare a casa
dopo le vacanze, ecc. In questi casi, pur mostrando comprensione, bisogna
essere fermi.
D. Voglio
che papà torni a casa con noi…
R. So che ti
dispiace, lo capisco… ma nella vita ci sono tanti cambiamenti e bisogna
imparare ad affrontarli. Adesso ti sembra difficile, ma man mano ti abituerai.
Anche nonna mi ha detto che tu vorresti che tornassimo insieme, ma questo
purtroppo non è più possibile, davvero. Tu però puoi incontrarti con papà e sentirlo al telefono ogni volta che lo
desideri.
Le cose si
complicano quando uno dei due genitori non accetta la separazione. Un figlio
può allora farsi interprete del desiderio del genitore che più soffre per la
separazione escogitando “soluzioni” per incontri. Anche in questi casi è
importante scoraggiarlo, chiarendo che sono questioni che riguardano soltanto
la coppia. Fino a quando un bambino non rinuncia ai tentativi di conciliazione,
resta teso, inquieto e non si adatta al cambiamento.
Passato un
periodo iniziale, più o meno lungo, generalmente, i figli, si adattano al nuovo
stile di vita. Per facilitare l’adattamento è bene sottolineare gli aspetti
positivi della nuova condizione.
D.
Preferivo fare le vacanze con tutte e due…
R. Certo, eri
abituato così… ma cerchiamo di vedere anche i lati positivi: fai due vacanze,
vedi luoghi diversi, conosci persone diverse, ti abitui a viaggiare. Natale e
compleanno li festeggi due volte… molti sarebbero contenti di raddoppiare le
feste, non credi?
D. Io qui ho
tutti i miei giocattoli, nella casa di papà non ci sono le mie cose…
R. Man mano
porterai dei giocattoli nella casa di papà, un pigiama, degli abiti, dei libri
che resteranno lì e che, se vorrai, qualche volta porterai da una casa
all’altra. Chi l’ha detto che bisogna avere soltanto una cameretta? Avrai due
camerette, non una! Adesso ti sembra strano perché non ci sei abituata, ma tra
un anno o due ti sembrerà normale. Avrai l’impressione di essere sempre vissuta
così. L’importante è che tu ti senta a casa anche da papà. Se ti senti un
ospite in visita, lo devi dire a me e a tuo padre.
Per impostare
correttamente il dialogo sul tema del divorzio, della separazione, serve
conoscere le esigenze dei bambini nelle diverse età. Se si seguono le linee guida indicate nel box i figli superano più facilmente la fase di
emergenza e si adattano man mano alla nuova situazione.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------
Box
Linee guida
capisaldi dello sviluppo:
· i bambini sviluppano un senso di fiducia nei confronti dell’ambiente e del mondo
· nel corso del 3° anno: primi segni del senso di indipendenza dovuto anche allo sviluppo del linguaggio e della locomozione
· nel 3° anno aumenta la capacità di sostituire le figure primarie con altre o con simboli
· sentimento di perdita di contatto con una figura primaria
· sentimento di perdita dell’ambiente familiare (ritmi, presenze, voci, routine)
rischi:
· la perdita di contatto con una figura primaria può causare depressione e regressione (il bambino si comporta come se fosse più piccolo)
· una lunga separazione da una figura di attaccamento primaria può creare problemi per future separazioni e altre relazioni affettive
se i genitori vivono vicini:
· il bambino deve restare nella casa in cui ha trascorso i primi anni
· il genitore non residente cerca di incontrarlo di frequente, in rapporto al tipo di relazione che avevano precedentemente
· se l’affidamento è congiunto: stabilire in quale abitazione il bambino trascorre la notte (l’alternanza è da scoraggiarsi)
se i genitori vivono lontani:
· favorire gli incontri frequenti del bambino con il genitore non residente (n.r.); in genere è il genitore n.r. a recarsi dal figlioletto, ma può essere anche il genitore residente a portare qualche volta il piccolo dal genitore n.r.
·
se la distanza è grande ricordare il genitore con foto,
telefonate, una favola raccontata su nastro, ecc.
capisaldi dello sviluppo:
· aumenta la consapevolezza della propria individualità
· interiorizzazione delle figure primarie e capacità di pensare al genitore lontano (autoconforto)
· il bambino incomincia ad esprimere verbalmente sentimenti e stati d’animo
· identificazione col genitore del proprio sesso
conseguenze del divorzio:
· può considerarsi responsabile della separazione (pensiero magico, egocentrismo)
· ansia relativa al soddisfacimento dei bisogni primari: alimentazione, cure fisiche, spostamenti…
· fantasie di riunificazione
· difficoltà transitorie nei trasferimenti da una abitazione all’altra
rischi:
· regressione: perdita di competenze già acquisite
· perdita del genitore del sesso opposto come agente socializzante, o del genitore dello stesso sesso come modello di identificazione
· sentimenti di abbandono che possono tramutarsi in tristezza, depressione, scarsa autostima e interferire con lo sviluppo
se i genitori vivono vicini:
· distribuzione del tempo (da trascorrere con entrambi genitori) simile al periodo precedente la separazione
· con la crescita si allungano i tempi delle visite al genitore n.r.
· verso i 2-3 anni può dormire una notte a settimana dal genitore n.r. e a 5 anni due notti a settimana, massimo tre
· se un genitore ha poco tempo e l’altro invece ne ha di più, il bambino può incontrare il genitore più impegnato nei fine settimana e una volta durante la settimana
se i genitori vivono lontani:
· il genitore residente accompagna il figlio dal genitore n.r.
· notti fuori casa due, massimo tre di seguito
· mantenere contatti telefonici o scritti con il genitore n.r.
· ricordare il genitore con fotografie, oggetti, parole, ecc.
capisaldi dello sviluppo:
· relazioni con i coetanei e rapporti con la comunità
· sviluppo del senso morale
· empatia e maggior controllo delle emozioni
· sviluppo dell’immagine di sé in rapporto a competenze e abilità
conseguenze del divorzio:
· possibile tristezza
· espressione diretta del dolore e della collera
· paure concernenti denaro, cibo, abitazione
· paura di perdere entrambi i genitori
· autoaccusa: si considera la causa del divorzio, cerca di riunire la famiglia
rischi:
· scarso rendimento scolastico (peggioramento)
· possibili stati depressivi
· preoccupazioni relative al divorzio, verbalizzazione ansiosa
· tentativi di riunire i genitori con acting-out (malesseri, scarso rendimento scolastico, mutismo, ecc.)
raccomandazioni se i genitori vivono vicini:
· molti bambini hanno ancora bisogna di far base in una abitazione
· visite da uno a tre giorni nella casa del genitore n.r., oppure:
½ settimana con uno e ½ con l’altro purché possa mantenere i contatti con amici, svolgere le normali attività nel quartiere, raggiungere la scuola, ecc.
· può dormire dal genitore non residente varie notti
· a 8 anni può trascorrere una intera settimana presso l’uno o l’altro genitore
raccomandazioni se i genitori vivono lontani:
·
se
i rapporti tra genitori non sono buoni, può fermarsi dal genitore n.r. anche
due settimane
· il genitore n.r. che va a trovare il figlio può trascorrere dei fine settimana lunghi, approfittandone per conoscere gli amici del figlio, incontrare gli insegnanti, ecc.
· deve avere il permesso di mantenere i contatti (telefono, lettera, e-mail) con il genitore n.r.
· le visite possono essere più lunghe (fino a 4 sett.) se ha 8 anni o se è accompagnato da un fratello/sorella maggiore, soprattutto quando conosce già il luogo in cui vive il genitore
· possibile nostalgia di casa; può essere necessario accorciare la visita
capisaldi dello sviluppo:
· acquisizione crescente di competenze scolastiche, atletiche, artistiche, sociali
· maggiore consapevolezza di sé; valutazione delle proprie forze e limiti in rapporto agli altri
· collocazione sociale tra i pari in base all’immagine di sé
conseguenze del divorzio:
· comprensione empatica di uno o entrambi i genitori con possibile intensa/ condanna di uno dei due (schierarsi)
· chiede spiegazioni adeguate (livello adulto)
· percezione della propria vulnerabilità e del proprio rifiuto; tristezza, rabbia, dolore, colpa
· possibili sentimenti di vergogna nella comunità
rischi:
· interferenze col rendimento scolastico
· bugie e inganni superiori alla norma
· alleanza con un genitore a scapito dell’altro
· solitudine, depressione, scarsa autostima
se i genitori vivono vicini:
· abita un una sola casa; trascorre serate, fine settimana, svolge attività con l’altro genitore in base ad un programma regolare e prevedibile, oppure:
due settimane da un genitore e due dall’altro, oppure:
soluzione “nido”: ad alternarsi in casa sono i genitori, non i figli
·
possibilità
di frequentare amici, andare a scuola, svolgere attività sia dall’una che
dall’altra abitazione
· se i rapporti sono buoni con entrambi i genitori, le vacanze estive devono essere divise 50/50
se i genitori vivono lontani:
· visita una volta ogni tre settimane o una volta al mese all’altro genitore, in rapporto alla distanza e alla possibilità di viaggiare
· il genitore non residente parla con insegnanti, istruttori, partecipa a manifestazioni e ricorrenze
· metà delle vacanze di Natale e altre col genitore non residente
· se i rapporti sono buoni con entrambi i genitori, le vacanze estive sono divise 50/50
· emancipazione psiologica: ulteriore strutturazione dell’identità
· “lutto” per la perdita dell’infanzia; dipendenza; ricerca di protezione in famiglia
· gestire gli impulsi sessuali
· confrontarsi con le regole della società
conseguenze del divorzio
· l’assenza di una famiglia intatta con cui confrontarsi può portare ad una emancipazione precoce o incompleta (p.es. ricerca di un partner anziano da cui ricevere protezione)
· sentimenti di imbarazzo nei confronti della propria famiglia
· possibile svalutazione di uno o entrambi i genitori
· irritazione o disgusto per la vita sessuale dei genitori
· gli amici e gli impegni vengono collocati al primo posto: il figlio rifiuta di far visita al genitore n.r.
rischi
· possibili acting-out (droga, promiscuità sessuale, fughe, sette, ecc.) alla ricerca di un senso di appartenenza
· adolescenza ritardata: desiderio di restare bambino
· dubbi sulle proprie capacità; investimenti eccessivi nelle relazioni o rotture improvvise
se i genitori vivono vicini
· risiede nella casa di un genitore e incontra l’altro in determinate sere, fine settimana, attività previste e regolari, oppure:
soggiorna nella casa dell’uno o dell’altro per periodi di due settimane, oppure:
sono i genitori ad alternarsi nel “nido”
· definire insieme al figlio un programma delle visite e degli spostamenti con flessibilità
· da entrambe le case il figlio deve avere accesso ad amici, scuola, attività
se i genitori vivono lontani
· da 1 a 3 fine settimana nell’altra casa in rapporto alla distanza e alla capacità di viaggiare
· “programma fisso” concordato con il figlio di visite e spostamenti con flessibilità
· il genitore n.r. va a parlare agli insegnanti, istruttori, incontra di tanto in tanto gli amici del figlio, ecc.
· 50% delle vacanze con il genitore n.r.
· se la lontananza è eccessiva ci si incontra nelle ricorrenze e le vacanze estive vengono trascorse in gran parte col genitore n.r.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------
Bibliografia
Andolfi M. (a cura di), La crisi delle coppia. R. Cortina, 1999
Baris M. e Garrity C., Children of Divorce. Psytec, 1988
Oliverio Ferraris A., Il terzo genitore. R. Cortina, 1997
Oliverio Ferraris A., Le domande dei bambini. Rizzoli, 2000